Colpire Orbán per colpire la famiglia
In questi giorni stiamo assistendo all’offensiva scatenata dalla stampa nazionale e internazionale, nonché dalla stessa Unione europea, ai danni del primo ministro ungherese Viktor Orbán.
Il 29 gennaio il Financial Times ha rivelato un documento confidenziale elaborato da Bruxelles in cui si paventava “una strategia per colpire esplicitamente le debolezze economiche dell'Ungheria, mettere in pericolo la sua valuta e provocare un crollo della fiducia degli investitori nel tentativo di danneggiare "l'occupazione e la crescita”, qualora Budapest non si fosse piegato alla linea tracciata da Bruxelles.
Ciò che resta maggiormente indigeribile, infatti, è l’ostinazione con cui questo primo ministro, assai popolare in patria e così sicuro di sé, si dice non disponibile a compromessi sulle tematiche LGBT.
Il 22 gennaio scorso, intervistato dall’emittente ungherese Radio Kossuth, che “non esiste una somma di denaro per la quale sia ammissibile l’ingresso dei
migranti nel Paese o dei propagandisti LGBT nelle nostre scuole. Ciò che accade ai nostri figli e ai nostri nipoti è molto più importante del denaro”.
La domanda dell’intervistatore verteva sui 20 miliardi di euro trattenuti dalla Commissione europea a causa delle preoccupazioni per lo stato di diritto del Paese magiaro.
Un evidente pretesto, ovviamente, per colpire chi non si piega ad una ideologia che di fatto vorrebbe ridurre la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, ad una scelta alla pari di altre.
Ciò che sta accadendo in questi ultimi giorni, con la vicenda della maestra “anarchica” Ilaria Salis – arrestata proprio in Ungheria l’11 febbraio 2023, con l’accusa di aver partecipato all’aggressione ai danni di due attivisti di estrema destra con dei manganelli – che sta tenendo banco sui quotidiani italiani e nei salotti delle trasmissioni televisive, rivela ancora una volta il tentativo di colpire la figura di Orban e il volto dell’Ungheria, in quanto nazione che difende e promuove attivamente la famiglia, fondata sul matrimonio tra uomo e donna.
Come la presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, infatti, le immagini crude di Ilaria Salis in catene mentre viene tradotta all’interno dell’aula del tribunale, per quanto brutte, fanno parte di “un trattamento” non “riservato presumo a questo detenuto: accade in diversi Stati occidentali.
Non è nostro costume, sono immagini che da noi impattano, ma in diversi stati sovrani funziona così, anche occidentali, non è una cosa così rara”.
Fermo restando l’impegno verso la difesa della dignità umana di qualsiasi persona (dunque anche dei detenuti), non possiamo tuttavia nasconderci dietro un dito.
L’Ungheria resterà un paese “attenzionato” e ostile sino a quando non accetterà le normative europee in materia LGBT.
Sino a quando difenderà e promuoverà attivamente la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna.
Noi dobbiamo essere a conoscenza di tutto ciò, per capire meglio cosa si nasconde dietro certi meccanismi.
Di fronte a ciò che accade, non so tu, ma noi non possiamo starcene con le mani in mano, facendo finta che tutto scorra normalmente.
Anche noi siamo assediati come l’Ungheria, ma dobbiamo avere la capacità di agire e di non demordere dalla nostra protesta civile ma ferma.
Lo dobbiamo alla società del presente, ma anche a quella dei tuoi figli e nipoti.
E allora, se così stanno le cose, ti chiediamo di iniziare oggi stesso a combattere, per resistere a questa nuova forma di totalitarismo.