Da Charlie a Indi: l’immagine di un Occidente malato
“Speravo non accadesse anche a loro. Vivranno con questo per il resto della loro vita”. A pronunciare queste parole è la madre di Charlie Gard, Connie Yates.
Come forse ricorderai, Charlie era un bambino affetto da una malattia incurabile (la stessa di Indi) a cui è stata staccata la spina delle cure vitali che lo tenevano in vita, il 28 luglio 2017.
Seguendo dalla tv la storia di Indi, la madre ha rivissuto l’epopea del figlio. “Non ho molta speranza che il sistema cambi, – ha osservato in un’intervista
rilasciata a La Nuova Bussola Quotidiana – ma non possiamo arrenderci, dobbiamo continuare a lottare, anche se nulla è cambiato da quando Charlie è morto sei anni fa”.
Con la morte del piccolo Charlie, il sistema sanitario nazionale inglese inaugurava la barbara pratica di interrompere il sostegno vitale a piccolissimi bambini (ma non solo) ritenuti inguaribili.
Tutto ciò continua ad avvenire con la complicità del sistema giudiziario inglese, che non consente alle famiglie di trasferire i figli all’estero, per consentire loro la prosecuzione delle cure.
“La notizia della morte di Indi è devastante. – afferma Connie Yates – Speravo che non accadesse anche a loro. Spero che troveranno un po’ di pace sapendo che hanno fatto tutto il possibile per Indi.
Il problema è che è stato loro impedito di fare di più. Se fossero riusciti a portare Indi in Italia, oggi sarebbe ancora viva. Non è colpa loro”.
La madre di Charlie, da quando le è stato tolto il figlio, ha tentato in tutti i modi di frenare la cultura pro-morte che alberga nel sistema sanitario e giudiziario del suo Paese.
È così che, grazie alla Fondazione Charlie Gard, è riuscita a riunire esperti di diversi campi per formulare un disegno di legge privato soprannominato ‘Legge Charlie’.
Benché sia stato inizialmente approvato dal Governo, tuttavia il Nuffield Council of Bioethics, l’ente medico che approfondisce le proposte di legge valutandone le implicazioni bioetiche, ha rigettato il punto cruciale del disegno di legge.
“Vale a dire – osserva la madre di Charlie – che le famiglie dovrebbero avere il diritto di accettare cure all’estero se tale opzione fosse disponibile.
A nostro avviso – prosegue Connie Yates – lo squilibrio di potere
a favore dei medici e dello Stato non è ancora adeguatamente affrontato. Sono lieta che i genitori possano ora ricevere assistenza legale per le controversie.
È stato un risultato positivo. Ma chiaramente non è abbastanza. Se lo fosse, non avremmo così tanti casi di alto profilo nelle notizie”.
Ma la cosa che più preoccupa è l’indifferenza generale della società civile inglese, davanti a storie come quelle di Charlie e di Indi.
“Negli ultimi anni c’è stato anche un cambiamento significativo nella cultura. – rileva Connie Yates – Le persone sono meno compassionevoli, più interessate ai propri problemi e chiudono un occhio sulle preoccupazioni degli altri.
Ma questi casi dovrebbero suonare come un campanello d’allarme. La cultura della morte allarga sempre più la sua rete”.
Ed è proprio su questo ultimo punto che desideriamo richiamare la tua attenzione.
Se l’opinione pubblica non si sveglia, se la società civile non protesta è molto facile che ciò che è accaduto a Indi e prima ancora a Charlie e a tanti altri, continuerà ad accadere.
Generazione Voglio Vivere – In difesa della Vita e della Famiglia
nasce proprio per mobilitare i cittadini alla lotta. Per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle derive che si corrono quando si attenta alla vita in maniera così cruda e barbara, come è stato fatto con Indi e con quanti l’hanno preceduta.
E l’errore più tragico, lo sbaglio letale sarebbe quello di dire a se stesso: “Ma tanto sono in Italia, cose come queste qui difficilmente potranno accadere”.
Nel momento in cui si tenta di rassicurare se stesso, facendo ragionamenti fallaci come questo, ebbene significa che si sta già rinunciando a lottare.
Con il rischio di trovarsi un giorno dinanzi alla situazione che si trova a vivere il Regno Unito oggi. Con una società civile obnubilata, profondamente egoista, che ritiene che morti innocenti come quelle di Charlie e Indi, in fin dei conti non li riguarda più di tanto.
Una tragedia che si somma ad un’altra tragedia, non meno letale.
Non devi farti trovare impreparato: non possiamo permettercelo!
Se vuoi iniziare sin da oggi a impegnarti seriamente per la cultura della vita, in maniera concreta, ti consigliamo di firmare la petizione di protesta indirizzata all’ambasciatore del Regno Unito in Italia.