L’aborto è un diritto o una licenza?

L’aborto è un diritto o una licenza?

Un paio di giorni fa la giurista Vitalba Azzolini ha scritto un articolo pubblicato sul quotidiano Domani, incentrato su un’affermazione della ministra Roccella in merito all’aborto.

«In una recente intervista – scrive Vitalba Azzolini – la ministra della famiglia, Eugenia Roccella, ha sostenuto che l'aborto non sia un diritto, ma una libertà.

Si tratta di un’affermazione che va chiarita sul piano giuridico, perché sul piano di fatto sottende una conseguenza piuttosto grave: se non fosse oggetto di un diritto, ma di una mera libertà, il ricorso all’aborto non dovrebbe essere garantito».

Ebbene, a proposito di queste ultime righe, noi non abbiamo problemi a dire che è esattamente ciò che Generazione Voglio Vivere – In difesa della Vita e della Famiglia sostiene con forza e determinazione.

Vedi, il punto è molto semplice e rimonta ad una storica quanto artificiosa contrapposizione tra diritto positivo e legge naturale, che con i secoli si è andata sempre più radicalizzandosi.

Mentre con ‘diritto positivo’ si intende l’insieme di norme vigenti in un dato ordinamento giuridico raccolte in Codici, per ‘legge naturale’ si intende invece indicare che è giusto, ossia ciò che è conforme alla natura umana.

Ora, tra questi due non deve esservi contrapposizione, giacché il diritto positivo segue le conclusioni della legge naturale.

Senonché accade invece che tra i due, come dicevamo, si sia eretta una diga insormontabile negli ultimi secoli, davvero difficile da abbattere.

Tornando al caso in questione: l’aborto non è e non potrà mai essere oggetto di un diritto, proprio perché si tratta di un atto profondamente ingiusto nei confronti di un essere umano – per di più in stato di evidente debolezza – di cui viene decretata la morte.

E ciò a prescindere da qualsiasi legge o norma positiva che autorizzi l’interruzione di gravidanza.

La legge naturale ci insegna che l’uccisione di un essere umano viola l’ordine nel quale nasciamo, un ordine retto da leggi oggettive che si riflettono in delle inclinazioni presenti negli esseri umani dal loro venire al mondo.

Ricorda che quando si parla di “natura” si fa riferimento ad un ordine impresso nel creato, di cui l’uomo è parte integrante, e a delle finalità a cui noi giungiamo per mezzo dell’intelletto.

Vitalba Azzolini cita a sostegno di quel che afferma la sentenza della Corte Costituzionale (n. 27/1975), ove si legge:

«non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare».

Tale affermazione è del tutto arbitraria. In altre parole, non vi è giustificazione scientifica e giuridica a suo sostegno, bensì esclusivamente la volontà di imporre un orientamento ideologico, ossia valido a priori.

E se qualcuno osasse chiedere la giustezza di una simile affermazione, o si verrebbe tacciati di porre un “giudizio di valore”, o si risponderebbe che si sono correttamente seguite le procedure prescritte dalla legge, o – come nel caso appena letto – si farà riferimento alla giurisprudenza più recente.

Ma tutte queste motivazioni non toccano minimamente il nocciolo della questione.

Si tratta in fondo di quel che viene indicato come trionfo del “normativismo”, ossia, in altre parole: è la norma a creare la realtà e non il contrario.

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