Sappiamo davvero tutto sulla donazione d’organi?

Sappiamo davvero tutto sulla donazione d’organi?

Quando ci viene chiesto se intendiamo diventare donatori d’organi, sappiamo davvero quale sia la posta in gioco?

Ci sorge questo interrogativo, mentre leggiamo sull’agenzia americana LifeSiteNews una notizia che ci fa riflettere.

Il Congresso Usa ha chiesto formalmente alla Commissione Finanze della Camera dei Rappresentanti ed alla Sottocommissione di Vigilianza di indagare.

Vuole risposte chiare da Carolyn Welsh, presidente e amministratore delegato del NJTO-New Jersey Organ and Tissue Sharing Network, società accusata di ripetute violazioni legali ed etiche.

Vogliamo raccontarti questo caso, perché ha dell’incredibile. Un paziente era stato dichiarato in condizioni di “morte circolatoria”.

Un evento improvviso, dovuto ad un problema cardiaco, gli aveva provocato l’arresto della circolazione sanguigna.

Come previsto in questi casi dalla normativa, sono state subito attivate le tecniche di rianimazione. Il paziente stava reagendo bene, aveva dato cioè segni di vita.

Nonostante questo, i dirigenti del NJTO avrebbero ordinato al personale di proseguire col prelievo dei suoi organi. Grazie a Dio, gli operatori si sono rifiutati di farlo.

Ebbene, secondo le accuse, il network NJTO avrebbe dichiarato “donatori d’organi” persone, che in realtà avevano rimosso il proprio consenso, ed esercitato pressioni sui loro familiari.

Ora la Giustizia farà il suo corso e la società dovrà rispondere delle imputazioni ad essa rivolte. Però ci ha fatto riflettere, lo consideriamo un campanello d’allarme da non sottovalutare.

Dicci: tu avevi letto questa notizia sul giornale? L’avevi sentita da qualche telegiornale o alla radio? Era stata rilanciata dai social?

No! Ed è proprio questo che ci fa pensare. Il dubbio è che su un tema eticamente sensibile come questo ci venga edulcorata la “pillola”.

Temiamo cioè che quella offertaci sia una narrazione mielosa, piena di buoni sentimenti, ma ideologicamente “orientata”, scremata cioè da criticità e dubbi.

Ci accorgiamo di come in materia, in realtà, si sappia poco o nulla. Al di là del buonismo di facciata, non si parla tanto di procedure e, soprattutto, di rischi.

Tanto meno ci si sofferma sul business che comunque ruota attorno alla donazione d’organi. Della vicenda processuale, che coinvolge il network americano NJTO, in Italia nessuno informa.

E questo non va bene, perché ci priva della possibilità di discernere e di decidere liberamente, secondo coscienza. Ci impedisce di valutare tutti i fattori in gioco e di compiere scelte mature.

La nostra volontà deve essere rispettata e noi abbiamo il diritto di sapere! Per questo intendiamo lanciare una vasta campagna di sensibilizzazione.

Visto che i media non parlano di questi argomenti, non propriamente secondari, siamo chiamati noi a farcene carico ed a coprire i vuoti d’informazione.

I social fanno allo scopo, poiché consentono di raggiungere tanti in poco tempo. Ma hanno un costo, che da soli non potremmo sostenere. Per questo abbiamo bisogno del tuo aiuto!

Dal 1968, quando 13 sanitari della Harvard Medical School definirono per la prima volta cosa si dovesse intendere col termine “condizioni disperate”, le cose sono molto cambiate.

Per agevolare il prelievo di organi, si è cercato di spingere sempre di più oltre, sempre più in là, sempre più avanti i confini della morte.

Nel 1972 fu compiuto uno studio con cui si evidenziava in modo scientifico come un cervello non fosse clinicamente “distrutto” neppure nel caso di una diagnosi di morte cerebrale.

Il dottor Gaetano Molinari ha sottolineato, in proposito, come la cosiddetta «morte cerebrale» sia una prognosi di morte e non la morte stessa.

Di fronte ad eufemismi superficiali come “è praticamente morto”, “non può sopravvivere”, “non ha possibilità alcuna di recupero”, il dottor Molinari espresse idee molto chiare:

«È altamente dubbio – ha detto - che possano mai essere accettabili dal punto di vista legale o morale come dichiarazioni di morte».

Purtroppo quello studio è rimasto purtroppo il primo ed ultimo di quel tipo, benché la Storia confermi come venga comunemente accettato proprio quanto in esso temuto.

L’agenzia LifeSiteNews elenca un numero impressionante di casi che confermano questa percezione.

TJ Hoover III guardava ancora attorno con gli occhi e piangeva, quando è stato dichiarato “cerebralmente morto”.

Due medici si sono rifiutati di prelevare i suoi organi, ma la Kentucky Organ Donor Affiliates ha ordinato di trovare altro personale disposto ad eseguire l’espianto.

Il cuore di Misty Hawkins, donatrice in “morte circolatoria”, batteva, quando le era stato segato lo sterno per effettuare il prelievo degli organi.

Larry Black Jr. è stato salvato dal tavolo operatorio pochi minuti prima che gli venissero asportati gli organi. Il suo recupero, poi, è stato completo ed ha goduto di ottima salute.

Ci vien da dire che le definizioni legali di morte individuate in quasi sessant’anni non si siano rivelate molto azzeccate, non trovi?

Ebbene, pensa che l’American Academy of Neurology ha recentemente pubblicato nuove linee-guida sulla cosiddetta “morte cerebrale”.

Tali linee-guida consentono esplicitamente di dichiarare la morte cerebrale anche quando vi siano funzioni cerebrali ancora attive!

Questo è chiaramente in contrasto con quanto stabilito dall’Uniform Determination of Death Act, che viceversa richiede la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’intero cervello.

L’American Academy of Neurology ha allora cercato di aggirare la legge, contattando Dipartimenti sanitari statali, commissioni mediche, società mediche e associazioni ospedaliere.

Ha detto loro di riconoscere le proprie linee-guida come “standard medici accettati” per dichiarare la morte neurologica di un paziente, benché vadano contro la legge.

Non solo! Qualora non fosse possibile superare le obiezioni dei familiari, l’American Academy of Neurology ha suggerito di sospendere unilateralmente al paziente il supporto vitale.

La Dead Donor Rule è una massima etica e prevede che le persone non debbano essere vive quando vengono prelevati i loro organi e che non debbano essere uccise dalle procedure di espianto.

Ridefinire le persone con lesioni neurologiche come “cerebralmente morte” e chi potrebbe essere rianimato come deceduto secondo gli standard di “morte circolatoria” è quanto meno illegittimo.

Questi casi ci fanno seriamente quindi riflettere. Non si può giocare con le parole per favorire le donazioni di organi.

Persino un filosofo ateo ed utilitarista come Peter Singer ha definito la “morte cerebrale” come una scelta etica mascherata da fatto medico.

Tutto questo non ispira fiducia, quando si sia posti di fronte alla scelta di decidere se donare o meno i nostri organi.

Per questo riteniamo necessario fare ciò che la grande stampa non fa ovvero informare attraverso una vasta campagna di sensibilizzazione.

Aiutaci con la tua migliore offerta! Abbiamo il diritto di essere correttamente e completamente informati.

Solo così si può parlare di vero consenso!

 

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