Subisce una violenza sessuale e chiede il suicidio assistito
In Belgio, una donna cinquantenne e madre di due figli ha chiesto di accedere al suicidio assistito dopo aver subito una violenza sessuale sei anni fa e non essersi più ripresa.
La donna, Nathalie Huygens, è stata ascoltata da una commissione composta da due psichiatri e da un medico, che ha dato il via libera alla procedura che la condurrà alla morte.
Davanti a notizie come questa, non so tu, ma noi restiamo sempre allibiti.
Allibiti per ogni singolo elemento che compone storie simili.
Increduli dinanzi al fatto che una donna cinquantenne, madre di due figli, non riesca più a trovare la forza e gli stimoli per vivere.
Increduli per uno Stato, come quello belga, che consente dal 2002 di accedere al suicidio assistito, con una procedura tutto sommato semplice, come se si andasse in un ufficio postale ad aprire il conto corrente.
Increduli per le dichiarazioni dei figli della donna, in particolare di uno di questi, mi riferisco al primogenito venticinquenne.
«Siamo in una situazione in cui la mamma è fisicamente viva, ma mentalmente lontana. Al posto suo, non vorrei vivere neanche io», aveva scritto in una lettera dello scorso anno.
Già, perché Nathalie sembra non riuscire più ad uscire da un loop autodistruttivo fatto di ricordi e disperazione.
«Sono così stanca. – osserva – A parte dormire, non c'è mezz'ora in cui non pensi a quello che mi è successo. Sto già convivendo con i postumi fisici. Non posso più mangiare cibi duri, l’occhio sinistro mi fa sempre male.
Aspiro solo alla pace, voglio che la sofferenza cessi. Sapere ora che posso morire è alquanto rassicurante», ha dichiarato ad un quotidiano belga (Ottiene l'eutanasia dopo lo stupro, "Troppo dolore" - Donna Moderna).
Queste storie provocano dolore e rabbia allo stesso tempo.
Perché si tocca con in mano in modo evidente la disperazione di una donna, e l’altrettanta disperazione di una società che invece di aiutarla, la fagocita in questa folle scelta di morte.
Perché tutto ciò avviene?
Credo che la risposta sia da trovare in queste ultime parole di Nathalie, che ti abbiamo riportato.
La pace che si ricerca, infatti, è una pace puramente fisica, materiale, e la morte appare l’unico nonché ultimo rimedio.
Con questo, naturalmente, non vogliamo attaccare questa povera donna, a cui va la mia vicinanza e la mia preghiera affinché ci ripensi.
Piuttosto, la nostra critica si rivolge ad una mentalità che sembra aver pervaso tutti, persino le persone a lei più vicine, come gli stessi figli.
Ebbene, noi dobbiamo combattere proprio contro questa mentalità che si nutre di morte.
Affinché donne come Nathalie trovino forza e coraggio ad affrontare la vita, confidando nell’aiuto del Cielo e facendosi forza in ciò che hanno di più caro e più prezioso attorno a loro.
La vita è un dono bellissimo e merita di essere vissuta sino in fondo.
Noi lottiamo per una società che promuova tutto ciò e sostenga le persone in difficoltà, dandole aiuto e sollievo, ma soprattutto speranza.
Ti chiediamo di aiutarci a promuovere iniziative e a sensibilizzare l’opinione pubblica a favore della vita e contro ogni pratica eutanasica.
Non ci daremo pace sino a quando non vedremo eliminate queste parole: “eutanasia” o “suicidio assistito”, dalla faccia della terra.