
Un’indagine Usa ha dimostrato casi di pazienti ancora vivi pronti per l’espianto d’organi
Gli Stati Uniti hanno scoperto l’acqua calda. Ma è importante che lo abbiano fatto…
Lo scorso 21 luglio il Dipartimento della Salute americano, guidato da Robert F. Kennedy Jr., ha annunciato di voler riformare per la prima volta il sistema dei trapianti d’organi nel Paese.
E questo a seguito di un’indagine indipendente, condotta dall’Health Resources and Services Adminstration, i cui risultati sono inquietanti.
Grazie a tali accertamenti, infatti, è emerso quanto numerosi fossero i pazienti ancora vivi al momento dell’espianto degli organi.
Sui 351 casi analizzati, ben 103 (pari al 29,3% del totale) si sono rivelati problematici. Per vari motivi.
73 pazienti (21% del totale), per i quali era stato autorizzato il prelievo, presentavano ancora segni neurologici incompatibili con la donazione d’organi.
Ma soprattutto è emerso come 28 (pari all’8%) potevano non esser deceduti, quando i medici hanno iniziato l’intervento per l’espianto.
Perché l’Health Resources and Services Adminstration ha iniziato questa verifica? È partito tutto dopo il caso di TJ Hoover, nel 2021.
TJ Hoover era stato dichiarato “cerebralmente morto”. Ma ha iniziato a dimenarsi ed a piangere, mentre veniva portato in sala operatoria per donare i propri organi.
Alla famiglia è stato detto che si trattava di semplici movimenti “riflessi”. Due medici, però, si sono rifiutati a quel punto di effettuare il prelievo.
La Kentucky Organ Donor Affiliates ha allora ordinato al proprio personale di trovare un altro sanitario, disposto a procedere con l’operazione.
Ma, provvidenzialmente, l’intervento nel frattempo è stato annullato. Hoover si è ripreso, è guarito ed oggi conduce una vita normale. Una vicenda imbarazzante. Ed angosciante.
Lo scorso 20 luglio il New York Times ha pubblicato un articolo, che riportava diversi casi di donatori, che non erano in realtà morti quando è stato programmato l’espianto dei loro organi.
L’articolo si concentrava sulla cosiddetta “donazione dopo la morte circolatoria”, in sigla DCD. Di che cosa si tratta?
Con la DCD, il paziente non è “cerebralmente morto”, ma non si prevede che sopravviva oppure la sua qualità di vita viene giudicata comunque compromessa ed inaccettabile.
Viene a quel punto programmato il decesso, in un luogo ed in un momento precisi, cosicché possa diventare donatore d’organi.
Il paziente viene dichiarato “non rianimabile”, i ventilatori e le infusioni vengono ritirati ed i medici aspettano che il suo cuore si fermi. Orribile!
A quel punto, a seconda del centro trapianti, si osserva un periodo compreso tra i 2 ed i 5 minuti, in cui il paziente non può essere toccato.
Dopo tale periodo, se il cuore non si riavvia spontaneamente, inizia immediatamente il prelievo. Ma c’è un però.
È stato, infatti, ben documentato come le persone, abitualmente, possano essere rianimate dopo un intervallo tra i 2 ed i 15 minuti di assenza di polso.
Ma, se possono essere rianimate, non sono evidentemente morte. Essendo però state ormai dichiarate “non rianimabili”, nessuno lo farà. Né potrebbe farlo…
Assurdo. La burocrazia vince sulla vita, pur di procedere con gli espianti. Eppure nel 2007 il dottor Ari Joffe ha pubblicato un rapporto relativo ad una dozzina di pazienti.
In questo rapporto si specifica che il loro cuore ha ripreso a battere spontaneamente ben 10 minuti dopo l’arresto cardiaco. Alcuni di loro si sono poi ripresi completamente.
Ciò significa che non si può sapere con certezza se una persona sia morta o meno, se non dopo aver atteso almeno una decina di minuti dall’arresto cardiaco.
Non dunque dopo soli 2 o 5, come previsto per i pazienti dichiarati “non rianimabili”. È un lasso temporale troppo breve, questo… Allora perché è stato scelto?
Perché 10 minuti sono troppi, per pensare di prelevare con successo la maggior parte degli organi. Tutto qui…
Per evitare il rischio che i pazienti si risveglino sotto i ferri, la “donazione dopo la morte circolatoria” è vietata in Finlandia, Germania, Bosnia-Erzegovina, Ungheria, Lituania e Turchia.
Ma quanti sanno queste notizie? Sulla grande stampa non appaiono di certo. Per questo è nostro dovere informare.
Intendiamo farlo tramite i social, che rappresentano il mezzo più veloce e sicuro per raggiungere tanti in poco tempo. Ma hanno un costo, che da soli non riusciremmo a sostenere. Per questo, abbiamo bisogno del tuo aiuto!
È molto importante. Il New York Times, ad esempio, ha proposto all’attenzione dei lettori il caso di Misty Hawkins.
Dopo un incidente, la giovane ha subìto una lesione cerebrale ed è rimasta in coma con un respiratore.
Non era cerebralmente morta, ma i medici han detto ai suoi genitori che non si sarebbe mai più risvegliata.
La madre ha autorizzato allora che sua figlia divenisse una donatrice di organi DCD ovvero “dopo la morte circolatoria”.
Misty è stata portata in sala operatoria. Un medico le ha staccato il respiratore e somministrato dei farmaci. Il suo cuore si è fermato 103 minuti dopo.
A quel punto, i sanitari hanno atteso 5 minuti, poi sono iniziate le operazioni per l’espianto. Ma, quando i chirurghi le hanno tagliato lo sterno, hanno notato un particolare…
Il suo cuore batteva ancora e respirava affannosamente… Il prelievo degli organi, a quel punto, è stato annullato. Ma 12 minuti dopo Misty è stata dichiarata morta una seconda volta.
Nel frattempo ai suoi genitori è stato semplicemente detto che la donazione degli organi non era possibile.
Solo dopo esser stati contattati dal New York Times, più di un anno dopo, il papà e la mamma di Misty hanno saputo la verità…
È ora che queste problematiche vengano prese sul serio, perché rappresentano un nodo morale, medico e legale complesso da districare. Ma vanno assolutamente affrontate.
Per questo ti chiediamo di aiutarci, con la tua migliore offerta, per informare davvero l’opinione pubblica.
I grandi media presentano per lo più la donazione d’organi in modo ideologico come un atto di altruismo, un bel gesto.
Non ne prendono in considerazione tutte le problematiche etiche, che viceversa sono reali ed esistono.
La gente dev’essere informata in modo corretto sulle modalità con cui viene dichiarata la morte prima del prelievo di organi e tessuti dei propri cari.
Senza trasparenza, non c’è vero consenso!