
Un’Italia sempre più fragile: dopo la Toscana, anche la Sardegna sceglie la morte, non la cura!
Dopo la Toscana, anche la Sardegna ha approvato una legge sul suicidio medicalmente assistito, ispirata alla proposta “Liberi subito” dell’Associazione Luca Coscioni.
Trentadue voti favorevoli, diciannove contrari e un’astensione hanno sancito, in Consiglio regionale, una decisione che sta già dividendo l’opinione pubblica e la politica.
La norma stabilisce procedure accelerate: entro 20 giorni una commissione multidisciplinare e il comitato etico devono valutare la richiesta del paziente; nei successivi 7 giorni la Regione deve fornire assistenza sanitaria gratuita e supporto farmacologico. Tutto il percorso, dalla domanda all’atto finale, deve chiudersi in soli 30 giorni.
Tempi strettissimi, quasi una corsa contro il tempo… ma verso dove?
Molti esultano. “Una legge di civiltà”, dicono i promotori, che “restituisce dignità al dolore” e “mette al centro la libertà della persona”.
C’è chi parla di “coraggio politico” e di “risposta a chi soffre da anni nell’attesa”. Parole che toccano corde profonde, certo, ma che non possono cancellare le ombre di un provvedimento che rischia di trasformare la sofferenza in un iter burocratico verso la morte.
Non mancano le voci critiche, persino dentro gli stessi schieramenti: “Un provvedimento inutile, che finirà per creare solo illusioni tra i cittadini”, ha avvertito Paolo Truzzu, capogruppo di Fratelli d’Italia.
Altri sottolineano come una Regione non possa sostituirsi al legislatore nazionale su temi così delicati, e che il rischio di un’impugnazione da parte del Governo sia concreto.
E intanto, nel silenzio di troppe coscienze, si fa strada un’idea pericolosa: che la vita, quando ferita dal dolore, possa essere “messa a termine” con procedure e scadenze precise.
Una civiltà che si misura dalla velocità con cui concede la morte dimentica che la vera sfida è offrire cure, sostegno, accompagnamento, presenza. Non accelerare la fine!
La Sardegna diventa così il nuovo laboratorio di una “modernità” che rischia di smarrire il senso stesso della vita e del limite.