Figli della “mentalità contraccettiva”
Può esservi un punto di contatto tra un personaggio come Filippo Turetta e il terribile crimine dell’aborto?
Sì, a rivelarlo è lo psicologo Roberto Marchesini su La Nuova Bussola Quotidiana. Secondo questi, il trait d’union va ricercato in quella che Giovanni Paolo II indicava sotto il nome di “mentalità contraccettiva”.
Ovverosia, “una mentalità edonistica e deresponsabilizzante nei confronti della sessualità (che suppone) un concetto egoistico di libertà che vede nella procreazione un ostacolo al dispiegarsi della propria personalità” (Enc. Evangelium vitae, n. 13).
Questa mentalità affonda le radici nella tendenza narcisistica, che può assumere varie gradazioni. La definizione che ne dà l’enciclopedia Treccani è la seguente:
“Tendenza e atteggiamento psicologico di chi fa di sé stesso, della propria persona, delle proprie qualità fisiche e intellettuali, il centro esclusivo e preminente del proprio interesse
e l’oggetto di una compiaciuta ammirazione, mentre resta più o meno indifferente agli altri, di cui ignora o disprezza il valore e le opere”.
La mentalità contraccettiva, di conseguenza, rende il frutto che verrà fuori dall’atto procreativo, ossia un figlio o una figlia, un qualcosa di “personalissimo”, che “spetta di diritto”, e come tale, una creatura sulla quale avere aspettative assai elevate.
“(…) il figlio della libera e autonoma scelta, il figlio voluto, cercato e progettato – il figlio cioè della ‘mentalità contraccettiva’ – ha sulle spalle, fin dal momento del concepimento, aspettative altissime, con le quali si dovrà confrontare tutta la vita. – scrive Roberto Marchesini.
Il suo ‘ideale dell’io’, per dirla con Freud, sarà tanto elevato e perfetto da essere irraggiungibile; e lo condannerà, quindi, al fallimento, alla frustrazione, alla delusione delle aspettative altrui”.
Ebbene, sono in tanti in questo periodo a dibattere sulla personalità di Turetta e a vedere nel suo gesto (sempre “presunto”, sino a quando non vi sarà un’effettiva sentenza) un’ansia repressa, una profonda debolezza esplosa in rabbia furiosa.
Stati psicologici, in verità, assai comuni tra le giovani generazioni, esasperati anche da una sovraesposizione mediatica (social) che finisce col generare una competizione asfissiante.
Tutto questo ci porta così a comprendere gli effetti “indiretti” che produce la mentalità contraccettiva.
E, soprattutto, ci fa ritornare a riflettere sul problema educativo
che permea non soltanto le generazioni ultime, ma anche quelle del dopoguerra, in una spirale involutiva sempre maggiore, acuitasi prepotentemente con la Rivoluzione dei costumi del ’68.
Altro che patriarcato dunque, il problema – non ci stancheremo mai di dirlo – è di natura culturale ed educativa.
Seguendo il ragionamento dello psicologo Marchesini, hai potuto dunque constatare come all’origine della mentalità contraccettiva vi siano effetti “indiretti” altrettanto gravi.
Una ragione in più per combattere con forza una mentalità che ha come causa diretta l’uccisione di decine di migliaia di innocenti annualmente, e che costituisce una delle concause fondamentali alla base anche dell’uccisione di povere donne.
Il problema, caro sostenitore, è che bisogna essere coraggiosi per dire le cose come stanno, e oggi ciò che manca è anche e soprattutto il coraggio.
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