“La vita della donna vale di più di quella dell’embrione”
Per quanto tempo ancora dovremmo sentire affermazioni di tale gravità e volgarità?
La frase che riportiamo nel titolo è della dottoressa Elisabetta Canitano, presidente della Onlus Vita di Donna, intervistata da Skytg24 in occasione della Giornata dedicata all’aborto libero e sicuro.
La dott.ssa Canitano è una ginecologa in pensione, e con la sua Onlus si occupa di fornire consulenze e visite ambulatoriali a tutte quelle donne che ne fanno richiesta.
Il suo assunto, tuttavia, parte chiaramente da una prospettiva falsata dall’ideologia.
Nell’intervista afferma che durante la sua esperienza quarantennale ha avuto modo di assistere a decisioni del personale medico (per lo più operante in ospedali cattolici) fortemente orientate a salvare la vita del feto (ma guarda un po’ che stranezza!).
Alcune volte, però, la salvezza del feto ha determinato o contribuito a determinare la morte della donna, sembra sostanzialmente voler dire la dottoressa.
Si tratta di avvenimenti tragici che purtroppo accadono. Il problema però è quando tali fatti vengono strumentalizzati per fini ideologici.
Leggi cosa scrive in seguito:
“Il concetto è che l’aborto volontario è una scelta nonostante gli ostacoli che esistono ancora – osserva la ginecologa –. Mentre quello terapeutico prevede di considerare che la donna viene prima del feto, è più importante. Questo non spesso succede”.
Secondo la Canitano vi è necessità che vi sia un cambio di paradigma e si assuma l’idea che loro (le donne) “vengono prima, che la loro vita è più importante di quella dell’embrione. L’embrione non è persona come ci dice la Chiesa: la persona è la donna”.
Come hai avuto modo di constatare, il colmo dei colmi lo si raggiunge quando la dottoressa abbandona i panni della ginecologa in pensione, per indossare gli abiti da teologa: i risultati sono alquanto scadenti.
Vediamo, infatti, brevemente cosa dice il Magistero della Chiesa rispetto a questo tema.
“L’embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano.
La diagnosi prenatale è moralmente lecita, se «rispetta la vita e l’integrità dell’embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale (...).
Ma essa è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi (...) non deve equivalere a una sentenza di morte»”. (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2274).
E ancora:
“In realtà, il rispetto alla vita umana si impone fin da quando ha inizio il processo della generazione.
Dal momento in cui l’ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora”. (Congr. per la Dottrina della Fede, Dich. sull’aborto procurato, 18 novembre 1974, cap. III, n. 12).
Non ci soffermiamo sulla distinzione tra persona e essere umano, perché richiederebbe spazio e tempo che qui non abbiamo.
Basti comunque sapere che i maldestri tentativi della dottoressa Canitano di trarre da tale distinzione un “via libera” surrettizio all’aborto, da parte della Chiesa, è evidentemente rispedito al mittente.
Aggiungiamo che ciò che hai avuto modo di leggere (ossia che dopo la fecondazione viene ad esistere una nuova vita) e che è tratto da documenti magisteriali, “non è un’ipotesi metafisica, ma un’evidenza sperimentale”, come ha affermato il genetista e pediatra di fama internazionale, Jérôme Lejeune. (in L. Ciccone, Non uccidere, Edizioni Ares, Milano 1988, p. 149).
Queste informazioni, sottaciute da tutti i media e gli organi di stampa, devono aiutarci a corroborare le nostre convinzioni e devono indurci a fare tutto ciò che è necessario al fine di farle conoscere ad amici, parenti, conoscenti.
Noi, e credo anche tu, ci siamo sinceramente stufati di leggere o ascoltare coloro che dovrebbero apertamente sostenere la battaglia per la vita, avere soggezione di parlare o scrivere chiaramente, rendendosi così succubi della narrazione mediatica abortista.
È ora di finirla e di dire le cose come stanno!
Dacci una mano!
Per quanto tempo ancora dovremmo sentire affermazioni di tale gravità e volgarità?
La frase che riportiamo nel titolo è della dottoressa Elisabetta Canitano, presidente della Onlus Vita di Donna, intervistata da Skytg24 in occasione della Giornata dedicata all’aborto libero e sicuro.
La dott.ssa Canitano è una ginecologa in pensione, e con la sua Onlus si occupa di fornire consulenze e visite ambulatoriali a tutte quelle donne che ne fanno richiesta.
Il suo assunto, tuttavia, parte chiaramente da una prospettiva falsata dall’ideologia.
Nell’intervista afferma che durante la sua esperienza quarantennale ha avuto modo di assistere a decisioni del personale medico (per lo più operante in ospedali cattolici) fortemente orientate a salvare la vita del feto (ma guarda un po’ che stranezza!).
Alcune volte, però, la salvezza del feto ha determinato o contribuito a determinare la morte della donna, sembra sostanzialmente voler dire la dottoressa.
Si tratta di avvenimenti tragici che purtroppo accadono. Il problema però è quando tali fatti vengono strumentalizzati per fini ideologici.
Leggi cosa scrive in seguito:
“Il concetto è che l’aborto volontario è una scelta nonostante gli ostacoli che esistono ancora – osserva la ginecologa –. Mentre quello terapeutico prevede di considerare che la donna viene prima del feto, è più importante. Questo non spesso succede”.
Secondo la Canitano vi è necessità che vi sia un cambio di paradigma e si assuma l’idea che loro (le donne) “vengono prima, che la loro vita è più importante di quella dell’embrione. L’embrione non è persona come ci dice la Chiesa: la persona è la donna”.
Come hai avuto modo di constatare, il colmo dei colmi lo si raggiunge quando la dottoressa abbandona i panni della ginecologa in pensione, per indossare gli abiti da teologa: i risultati sono alquanto scadenti.
Vediamo, infatti, brevemente cosa dice il Magistero della Chiesa rispetto a questo tema.
“L’embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano.
La diagnosi prenatale è moralmente lecita, se «rispetta la vita e l’integrità dell’embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale (...).
Ma essa è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi (...) non deve equivalere a una sentenza di morte»”. (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2274).
E ancora:
“In realtà, il rispetto alla vita umana si impone fin da quando ha inizio il processo della generazione.
Dal momento in cui l’ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora”. (Congr. per la Dottrina della Fede, Dich. sull’aborto procurato, 18 novembre 1974, cap. III, n. 12).
Non ci soffermiamo sulla distinzione tra persona e essere umano, perché richiederebbe spazio e tempo che qui non abbiamo.
Basti comunque sapere che i maldestri tentativi della dottoressa Canitano di trarre da tale distinzione un “via libera” surrettizio all’aborto, da parte della Chiesa, è evidentemente rispedito al mittente.
Aggiungiamo che ciò che hai avuto modo di leggere (ossia che dopo la fecondazione viene ad esistere una nuova vita) e che è tratto da documenti magisteriali, “non è un’ipotesi metafisica, ma un’evidenza sperimentale”, come ha affermato il genetista e pediatra di fama internazionale, Jérôme Lejeune. (in L. Ciccone, Non uccidere, Edizioni Ares, Milano 1988, p. 149).
Queste informazioni, sottaciute da tutti i media e gli organi di stampa, devono aiutarci a corroborare le nostre convinzioni e devono indurci a fare tutto ciò che è necessario al fine di farle conoscere ad amici, parenti, conoscenti.
Noi, e credo anche tu, ci siamo sinceramente stufati di leggere o ascoltare coloro che dovrebbero apertamente sostenere la battaglia per la vita, avere soggezione di parlare o scrivere chiaramente, rendendosi così succubi della narrazione mediatica abortista.
È ora di finirla e di dire le cose come stanno!
Dacci una mano!