Primo caso di suicidio assistito in Italia regolato da una legge regionale

Primo caso di suicidio assistito in Italia regolato da una legge regionale

Con la morte di Daniele Pieroni, scrittore e musicista, si è scritta una pagina tragica nella storia della Toscana e dell’Italia intera. 

Per la prima volta, sotto il silenzio assordante dello Stato e con la complicità di una legge regionale discutibile e contestata, un uomo è stato accompagnato alla morte. 

Non si tratta di libertà, né di dignità: si tratta di resa. Una resa culturale, medica, etica.

Pieroni era malato, sofferente, certamente. Ma la risposta a chi soffre non può essere la morte somministrata legalmente. Non può essere un sistema sanitario che invece di curare, accompagnare, lenire, offre la morte come soluzione. 

Questo non è progresso: è un arretramento civile e morale travestito da atto di compassione.

Il suicidio assistito non è una conquista. È l’ammissione che una società non sa più prendersi cura dei suoi membri più fragili. 

Dietro le parole come "libera scelta", si nasconde un sistema che, per non investire in cure palliative, per non affrontare fino in fondo il dolore dell’altro, preferisce autorizzare il distacco definitivo.

La legge toscana, impugnata dal Governo e ora sospesa nel limbo dell’incertezza costituzionale, ha aperto un varco pericoloso. E se oggi è un uomo con la PEG, domani sarà chi soffre di depressione? Chi si sente un peso per la famiglia? Dove tracceremo la linea?

Una società che legittima il suicidio come risposta alla sofferenza, smette di essere umana. Chi oggi tace o applaude questa "prima volta", domani non potrà dirsi innocente quando altri seguiranno. 

La politica deve avere il coraggio di affermare che ogni vita ha valore, anche nella fragilità, anche nel dolore e che la vera civiltà non consiste nel lasciare andare, ma nel restare accanto.

Non possiamo restare in silenzio mentre si normalizza l’idea che morire sia un diritto e vivere una fatica. 

La Toscana, l’Italia intera, meritano di più. Meritiamo uno Stato che protegge, non che rinuncia!

Per dire NO alla cultura della morte e riaffermare il valore della vita sempre e comunque, firma anche tu la petizione promossa da Generazione Voglio Vivere. Ogni firma è un passo verso un’Italia che non abbandona i suoi più fragili.

Chi tace oggi, domani sarà complice. Alza la voce insieme a noi: la vita merita di più!

 

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