
Una proposta di morte travestita da diritto: l’inganno dell’eutanasia attiva
Di fronte alla nuova proposta di legge popolare presentata dall’Associazione Luca Coscioni per legalizzare l’eutanasia attiva e il suicidio medicalmente assistito, sentiamo il dovere morale, umano e civico di alzare la voce contro una deriva che colpisce al cuore la nostra civiltà.
Una proposta pericolosa travestita da libertà
Questa proposta — composta da otto articoli — si propone di regolamentare l’accesso alla morte volontaria medicalmente assistita, includendo non solo il suicidio assistito, ma anche l’eutanasia attiva, cioè la somministrazione letale di farmaci da parte di un medico.
Potranno farvi ricorso persone maggiorenni, capaci di intendere e volere, affette da patologie irreversibili o con prognosi infausta a breve termine, che provochino sofferenze fisiche o psicologiche ritenute “intollerabili” dalla persona stessa.
La procedura — secondo il testo — sarà affidata al Servizio Sanitario Nazionale e potrà avvenire in ospedale, in strutture convenzionate o persino a domicilio, previa valutazione medica e verifica entro 30 giorni.
Le strutture sanitarie saranno obbligate ad assicurare la procedura, anche in presenza di obiezione di coscienza individuale. Il paziente potrà scegliere tra autosomministrazione dei farmaci o somministrazione da parte di un medico.
Questo significa, in pratica, trasformare le strutture sanitarie pubbliche in luoghi dove non si cura, ma si aiuta a morire. È inaccettabile!
Non manca una legge: manca volontà di applicare ciò che già esiste
Mentre si invoca la libertà, si cancella la solidarietà. Mentre si parla di autodeterminazione, si dimentica la dignità della persona umana.
La Corte costituzionale ha sì sollecitato il Parlamento a legiferare, ma ha richiamato con forza la necessità di garantire cure palliative a tutti, come prerequisito indispensabile.
Tuttavia, queste cure — pur previste dalla legge n. 38 del 2010 — non sono ancora accessibili in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
Allora prima di pensare a come "accompagnare alla morte", sia garantito il diritto universale a non soffrire, a essere curati, accolti, sostenuti.
Nel nostro ordinamento esistono già strumenti che tutelano la libertà di scelta, come le Disposizioni Anticipate di Trattamento (legge 219 del 2017), che permettono di rifiutare terapie anche salvavita.
Parlare di “vuoto normativo” è una forzatura ideologica: ciò che manca è la volontà politica di applicare bene ciò che già c’è, non di introdurre scorciatoie verso la morte.
Il pericolo di un “business della morte”
Affidare la morte al Sistema Sanitario Nazionale significa istituzionalizzare la soppressione dei fragili. Le implicazioni etiche, sociali ed economiche sono enormi.
Chi garantirà che una persona povera, sola o depressa non venga “accompagnata” alla morte per evitare spese sanitarie o perché ritenuta un peso?
In altri Paesi, come Belgio e Olanda, la legalizzazione dell’eutanasia ha portato a derive spaventose, con casi di morte assistita su persone depresse, affette da autismo, o semplicemente stanche di vivere. Vogliamo davvero percorrere la stessa strada?
La posizione della Chiesa: mai abbandonare chi soffre
Nel suo recente intervento, il presidente della CEI, cardinale Matteo Zuppi, ha affermato con forza che «non si può ridimensionare l’infinita dignità della persona dal concepimento alla morte naturale».
La dignità umana, sottolinea la Chiesa, non dipende dalla salute, dall’autonomia o dall’efficienza, ma è intrinseca a ogni essere umano, soprattutto nei momenti di massima vulnerabilità.
Zuppi ha ribadito il «pressante auspicio» che il Parlamento italiano non ceda alla logica della morte facile, ma favorisca l’accompagnamento nella malattia, il sostegno alle famiglie e la piena attuazione della legge sulle cure palliative.
È lo stesso spirito che anima l’enciclica Evangelium Vitae di San Giovanni Paolo II: «Una società sarà giudicata dalla misura con cui saprà prendersi cura dei suoi membri più fragili».
Il nostro NO è un SÌ alla vita
Non possiamo più permettere che la morte diventi l’unica risposta possibile per chi soffre. È il momento di agire!
Per questo, se non l’hai ancora fatto, ti invitiamo a firmare subito la petizione “Fermiamo la cultura della morte! Difendiamo la Vita!”, lanciata da Generazione Voglio Vivere, per fermare ogni tentativo di legalizzare l’eutanasia nel nostro Paese.
Ogni firma è un impegno concreto per dire sì alla vita!
Mai come oggi è urgente il tuo contributo per portare in ogni angolo d’Italia un messaggio forte e inequivocabile: la vita è sacra e va tutelata sempre, senza eccezioni.
Con il tuo aiuto possiamo amplificare la nostra campagna di sensibilizzazione, tramite Facebook, e contrastare una mentalità che svilisce la dignità umana.
Questa battaglia è immensa, ma insieme possiamo vincerla. Contiamo su di te!
Difendiamo ogni vita, dal primo all’ultimo respiro, con verità e coraggio!