
Basta scorciatoie sulla vita: STOP alla legge regionale sul suicidio assistito in Emilia-Romagna!
Il TAR dell’Emilia-Romagna ha finalmente detto basta.
Con una decisione attesa ma potente, ha sospeso con effetto immediato le delibere della Giunta regionale che aprivano all’iter “accelerato” per il suicidio assistito.
Una scelta che avrebbe permesso, con una semplice procedura amministrativa, di mettere fine alla vita in appena 42 giorni, senza alcun dibattito pubblico, senza confronto parlamentare, senza nemmeno la dignità di una legge regionale votata dal consiglio.
È stato un tentativo pericoloso di aggirare i limiti fissati dalla Corte Costituzionale, un colpo di mano su un tema che tocca le fondamenta della nostra umanità.
La vita non è materia per le delibere
Diversamente da quanto avvenuto in Toscana, dove la discussione della proposta di legge regionale dell’Associazione Coscioni era giunta in Aula per l’approvazione del Consiglio Regionale, in Emilia Romagna la giunta Bonaccini – e poi quella guidata da De Pascale – ha cercato di anticipare perfino il voto consiliare, forse temendo la bocciatura, come accaduto in Veneto.
Ma la vita non è una questione da sbrigare in giunta. Serve confronto, trasparenza, dignità.
Il TAR lo ha ribadito con forza: una delibera regionale non può decidere della morte di un cittadino.
Una battaglia di coscienza, non solo di legge
La sospensione è frutto della determinazione della consigliera regionale Valentina Castaldini (Forza Italia), che ha denunciato fin da subito la gravità di quanto accaduto.
Una battaglia condotta con coraggio, nel nome della legalità, del rispetto per la vita e della centralità del Parlamento.
Anche il Consiglio dei Ministri e il Ministero della Salute sono intervenuti, chiedendo a gran voce il rispetto della Costituzione. E ora la giustizia le dà ragione!
La sospensione del TAR è però solo il primo passo.
Il 15 maggio si discuterà nel merito, e sarà un momento decisivo per riaffermare che la vita non è una variabile politica. È un valore assoluto, irrinunciabile, che nessuna Regione può svendere.
Chiesa: la risposta è la cura, non l’eutanasia
Ma questa non è solo una battaglia giuridica o politica: è una battaglia etica, morale, profondamente umana.
Lo ha detto chiaramente anche la Chiesa italiana, con la voce dell’arcivescovo di Bologna, cardinale Zuppi, e dei vescovi dell’Emilia-Romagna, che si sono detti “sconcertati” e “profondamente preoccupati”.
La morte non è mai una soluzione. La risposta a chi soffre non può essere la resa, ma la cura, la vicinanza, l’accompagnamento. Come ricorda la CEI, non si ama il dolore, ma non si spegne la vita.
Perfino i medici palliativisti, che ogni giorno accompagnano i malati terminali, sono stati chiari: dove le cure palliative funzionano davvero, le richieste di suicidio assistito si riducono fino a dieci volte.
Non è l’eutanasia ciò che manca in Italia, ma la volontà politica di investire nella cura, nella dignità e nell’umanità.
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Non possiamo permettere che il dolore venga gestito con moduli, scadenze e commissioni.
È disumano pensare che la risposta al male sia una data sul calendario. Serve invece una sanità che accompagna, che non abbandona, che non considera nessuno un peso.
Per questo, se non l'hai ancora fatto, ti invitiamo a firmare subito la petizione rivolta al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per chiederle di bloccare i tentativi regionali d’introdurre norme illegittime e pericolose, promuovendo anzi la vita come Valore!
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La vita non si delega, non si abbrevia, non si spegne. La vita si difende, sempre, fino in fondo!