Dall’Uruguay alla Slovenia, fino al Canada: il mondo che sceglie la morte. Noi scegliamo la Vita!
C’è chi brinda e chi tace.
C’è chi esulta per la “nuova conquista di civiltà” e chi, nel silenzio del cuore, piange una società che ha smarrito il valore più sacro: la vita.
In Uruguay, primo Paese sudamericano a legalizzare la morte di Stato, il Senato ha votato a favore dell’eutanasia come fosse un trofeo di modernità.
C’è chi lo ha celebrato sui social come un passo avanti per la libertà. Ma quale libertà può esistere quando lo Stato decreta che la morte è una soluzione?
I vescovi uruguaiani lo hanno detto con parole che dovrebbero farci riflettere: in un Paese con un altissimo tasso di suicidi e un sistema sanitario che fatica ad affrontare la sofferenza psichica, questa legge non libera, ma abbandona.
Trasforma la disperazione in diritto e la vita in un fardello di cui disfarsi.
È la stessa logica che ora si affaccia in Slovenia, dove a novembre i cittadini saranno chiamati a votare su una legge che potrebbe introdurre il suicidio assistito.
Chi la sostiene parla di “autonomia”, di “autodeterminazione”, come se l’uomo si potesse definire solo dalla possibilità di scegliere la propria fine.
Intanto, la cultura della morte dilaga! Dai Parlamenti ai palinsesti, dalle redazioni alle sceneggiature hollywoodiane, la propaganda si fa spettacolo.
L’ultimo esempio? Un film prodotto da George Clooney sul “coraggio di scegliere la propria fine”. Trama patinata, morale preconfezionata: la morte come gesto d’amore, come atto di libertà.
Ma non serve essere complottisti per vedere ciò che accade: esiste una regia, un filo invisibile che lega i legislatori, i media e l’industria culturale.
Un filo che intreccia parole suadenti come “compassione”, “libertà”, “diritto di morire”, e dietro le quali si nasconde una verità ben più dura: la resa dell’uomo di fronte alla sofferenza.
Lo abbiamo visto: ciò che inizia come “eccezione” diventa presto regola. Ciò che si presenta come “scelta personale” si trasforma in pressione sociale.
Per questo è urgente reagire. È tempo di dire basta!
Se non l’hai ancora fatto, ti invito a firmare subito la petizione “Fermiamo la cultura della morte! Difendiamo la Vita!”, indirizzata al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per chiederle di promuovere politiche che valorizzino la vita.
Non restiamo spettatori di una civiltà che si autodistrugge. Difendiamo insieme la dignità di ogni persona!
Ma non basta indignarsi: dobbiamo far sentire la nostra voce, ovunque!
Per questo, voglio potenziare la nostra vasta campagna di sensibilizzazione online, per raggiungere milioni di persone e contrastare la propaganda della “morte come libertà”. Ma per farlo, ho bisogno del tuo aiuto!
Ogni contributo, piccolo o grande, ci aiuta a portare avanti questo impegno culturale e a difendere la vita là dove viene oscurata e calpestata.
Pensiamo al Canada, dove Markus Schouten, un ragazzo di appena diciassette anni, malato terminale, ha avuto la forza di dire no a un sistema che voleva trasformare il dolore in motivo per morire.
Il suo ultimo desiderio è stato che nessun bambino fosse mai costretto a scegliere tra la vita e la morte.
Markus è morto serenamente, circondato dall’amore dei suoi cari, lasciando un messaggio che dovrebbe scuotere le nostre coscienze: “La vita vale la pena di essere vissuta, anche quando stiamo morendo.”
Eppure, mentre Markus testimoniava con la sua vita la speranza, il suo Paese apriva la strada al suicidio assistito anche per i minori, persino ai bambini malati o disabili.
Dietro questa deriva si nasconde una macchina globale, una vera e propria industria della morte che investe milioni in propaganda, lobbying e pubblicità.
“Assisted Suicide Inc.” la chiamano: una rete mondiale che modifica leggi, forma “doule della morte” e vende capsule per il suicidio, travestendo l’eliminazione della vita con il linguaggio dei diritti civili.
È questa la civiltà che vogliamo costruire? Noi diciamo NO!
Non arrendiamoci alla cultura della morte: scegliamo, ancora una volta, la Vita!