
Ennesimo tentativo Ue per introdurre di nascosto le “nozze” Lgbt. Fermiamolo!
Pian piano la vera natura dell’Unione europea giacobina, laicista ed anticattolica viene allo scoperto ed ha il volto truce, che abbiamo sempre denunciato e combattuto.
Vogliamo offrirtene l’ennesimo, triste esempio, cosicché tu stesso possa giudicare in merito.
In teoria la questione relativa al “matrimonio” Lgbt è materia affidata, dal punto di vista politico e normativo, alla competenza esclusiva di ciascuno Stato membro.
Di fatto, invece, la Corte di Strasburgo sta puntando con decisione ed a tappe forzate al riconoscimento obbligatorio e generalizzato delle “nozze” omosessuali. E questo è orribile!
Facci caso… In meno di 15 anni, i tribunali europei sono passati dall’accettare pacificamente che il “matrimonio” Lgbt non venga riconosciuto al pretendere che lo sia.
Si cerca d’imporlo come vincolante anche in quei Paesi, che non lo contemplino nella propria legislazione interna, mettendo così in discussione la loro legittima sovranità in tale ambito.
Si tratta in campo giudiziario di un’autentica rivoluzione, che ignora le radici storico-culturali dell’Europa e la sua visione cristiana e naturale del concetto di famiglia, minacciandone la stabilità.
Rappresenta un duro colpo all’istituzione del matrimonio fondato sull’unione tra un uomo e una donna, alla famiglia fondata sul diritto naturale - ovvero l’unica possibile - ed all’ordine sociale.
È un tentativo condotto in modo coercitivo, contando sul silenzio dei media. Un tentativo, che proprio per questo dobbiamo con forza e coraggio respingere prima che sia troppo tardi.
Come? Innanzi tutto, sottoscrivendo la petizione «Blocchiamo le “nozze” Lgbt in Europa!» che Generazione Voglio Vivere ha promosso in merito.
È indirizzata agli europarlamentari italiani, affinché facciano massa critica e coinvolgano i loro colleghi delle altre nazioni per fermare con forza il tentativo in atto.
Tentativo, che rappresenta un’offesa al buon senso, nonché alla legittima autonomia e sovranità politica e giurisprudenziale di ogni Stato membro.
Non possiamo accettare che con sotterfugi sottobanco l’Europa cerchi di introdurre in un Paese ciò che la volontà popolare e le leggi lì vigenti hanno escluso categoricamente.
Oltre tutto contando sul silenzio dei media e, di conseguenza, sull’ignoranza della gente. Per questo intendiamo lanciare una vasta campagna d’informazione, che smascheri quanto sta accadendo.
Per farlo, intendiamo servirci dei social, poiché sono il mezzo più veloce ed efficace. Ma hanno un costo, che da soli non potremmo sostenere. Per questo, abbiamo bisogno del tuo aiuto!
Ti spieghiamo quale sia nel dettaglio il meccanismo. L’Avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione europea ha recentemente emanato una raccomandazione.
In essa si dichiara che il diritto alla libera circolazione dei cittadini europei, comprese le loro famiglie, debba prevalere sulle leggi nazionali che non riconoscano le “nozze” Lgbt.
Certo, da una parte ammette come l’eventuale loro registrazione civile sia competenza esclusiva di ogni singolo Stato, ma dall’altra aggiunge un particolare…
ovvero che negare tale riconoscimento alle coppie omosessuali “sposate” all’estero «pregiudicherebbe il diritto al rispetto della vita personale e familiare», come ha scritto.
Il parere dell’Avvocato generale non rappresenta ancora una sentenza definitiva della Corte di Giustizia europea. Per questo occorre agire subito e fermarlo!
Se lasciassimo le cose come stanno, andremmo incontro ad una sconfitta praticamente certa! Nel 75% dei casi, infatti, la Corte ha fatto finora proprie le raccomandazioni dell’Avvocato generale.
Oltre tutto ci sono dei precedenti tutt’altro che rassicuranti. Come la sentenza Coman e altri, codificata come C-673/16 emessa il 5 giugno del 2018.
Con essa la Corte di Giustizia europea ha già obbligato gli Stati membri a riconoscere il “diritto” di residenza dei “coniugi” dello stesso sesso, “sposatisi” in altri Paesi.
Allo scopo ha fatto valere l’art. 21 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Ma c’è anche un altro esempio…
È la sentenza Schalk e Kopf contro l’Austria, emessa dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo nel 2010.
Tale sentenza afferma che, benché l’art. 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo non obblighi gli Stati a riconoscere le “nozze” omosessuali, neppure lo vieta.
Nel 2015 la stessa Corte ha stabilito che debba esistere una forma di riconoscimento giuridico per proteggere la vita privata e familiare in base all’art. 8 della Convenzione.
Facci caso, questo è lo stesso argomento oggi utilizzato dall’Avvocato generale. Che cita come esempio la Polonia. Perché?
Perché la Polonia non prevede legalmente i “matrimoni” tra persone dello stesso, di conseguenza si è legittimamente rifiutata di registrarli nel proprio registro civile.
In tal caso, però, secondo l’Avvocato generale, lo Stato dovrebbe esser costretto a porre in essere comunque un meccanismo equivalente. A quale scopo?
Per garantire la validità delle “nozze” omosessuali nei confronti di terzi in materia di eredità, tasse e proprietà. Capisci?
Si tratta di una misura coercitiva e surrettizia, che pretende arbitrariamente d’imporre quanto uno Stato ha legittimamente e democraticamente escluso dal proprio ordinamento.
L’antilingua wokista cerca di far rientrare dalla finestra quanto un Paese ha fatto uscire dalla porta. In una parola si tratta di una gigantesca presa in giro, orchestrata in nome dell’ideologia Lgbt!
Di quale concetto di persona e di famiglia, infatti, l’Europa sta parlando? Certamente non di quello codificato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, né nella giurisprudenza di molti Stati.
A confermare questa deriva provvede anche la recente sentenza emessa nel 2023 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Fedotova e altri contro la Russia.
Con essa la Russia è stata condannata proprio per non aver offerto alcuna forma di riconoscimento giuridico alle unioni omosessuali stipulate all’estero.
Si noti ancora una volta come tale involuzione giurisprudenziale sia passata in poco più di un decennio dalla non obbligatorietà all’imposizione pratica del riconoscimento delle “nozze” Lgbt.
E questo per tutti gli Stati, che rientrino nell’orbita e nello spazio della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Infischiandosene delle legislazioni nazionali.
Fermiamo insieme questa ennesima, colossale presa in giro giacobina e spudoratamente anticattolica!
È una battaglia morale, è una battaglia di civiltà, è una battaglia per la Fede!