Eutanasia, i terribili rischi a cui stiamo andando incontro
Oggi vorremmo ritornare con te sui temi del suicidio assistito e dell’eutanasia.
Abbiamo interesse a parlarne perché il tema del fine vita registra non pochi mugugni e molte perplessità anche nelle nostre fila, diciamocelo francamente.
Ed è un problema non da poco, perché aiuta a comprendere molto più di altre questioni come sia calato, anche tra non pochi fedeli, il livello complessivo di consapevolezza del valore profondo della vita di un essere umano.
Chi è credente è consapevole del fatto che è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. La sua vita è orientata a Dio, al pari di tutte le prove che l’Altissimo gli invia, al fine di purificarsi e maturare nel rapporto di amore con Lui.
Il fedele trova significato e alimento nella prova soltanto se si ancora saldamente a Lui e se guarda alla testimonianza offerta dal suo Divin figlio. Soltanto allora sarà in grado di comprendere dinamiche e significati ritenute incomprensibili nel tempo precedente la prova.
L’analogia con il rapporto che vi è tra genitore e bambino aiuta molto a comprendere la dinamica che si instaura tra creatura e Creatore. I genitori, infatti, educandoci non limitano la nostra libertà, semmai la irrobustiscono al fine di prepararci ad affrontare la vita.
Attraverso le esperienze che ci accadono, acquisiamo maggiore consapevolezza di noi stessi, da cui traiamo beneficio in diversi momenti e situazioni della vita.
E per quanto riguarda, invece, le persone non credenti? Cosa si può dire?
L’invito è quello di leggere in particolare questo passo tratto dal Manifesto dell’Eutanasia pubblicato su The Humanist nel 1974.
“L’uomo sa finalmente di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso (...)”, scrivevano in premessa gli autori, da cui traevano le seguenti prese di posizione:
“(…) affermiamo che è immorale accettare o imporre la sofferenza.
Crediamo nel valore e nella dignità dell’individuo ; ciò implica che lo si lasci libero di decidere ragionevolmente della sua sorte… Non può esserci eutanasia umanitaria all’infuori di quella rapida ed indolore ed è considerata come un beneficio dell’interessato.
È crudele e barbaro esigere che una persona venga mantenuta in vita contro il suo volere e che le si rifiuti l’auspicata liberazione, quando la sua vita ha perduto qualsiasi bellezza, significato, avvenire. La sofferenza inutile è un male che dovrebbe essere eliminato nelle società civilizzate” (The Humanist, luglio 1974).
Innanzitutto viene formulato un atto di fede privo di ogni prova di ragionevolezza (l’intelletto infatti, sulla base dell’esperienza che ci offre la quotidianità, non può ammettere che una cosa nasca per “caso”).
Ma, soprattutto, si fanno coincidere il valore e la dignità dell’individuo con la capacità di autodeterminare la propria vita, compresa la facoltà di darsi la morte.
Vedi, il problema è che se si varca il limite rappresentato dalla vita, ossia il limite rappresentato da qualcosa che non è nella nostra disponibilità (nessuno nasce per proprio volere), si stendono le premesse per violazioni sistematiche della dignità umana, in quanto la vita finisce per trovarsi improvvisamente nella nostra totale e più completa disponibilità.
Eppure, la storia recente ci ha già mostrato cosa accade quando la vita diventa di nostra disponibilità.
Essa finisce con l’essere oggetto dell’arbitrio del più forte, della personalità che si impone sui più deboli, o dello Stato che vuole rieducare i cittadini.
La storia recente, ad esempio, ci ha già mostrato di quali violazioni della dignità umana si è resa protagonista la Germania nazionalsocialista nel XX secolo.
Pochi, forse, sono a conoscenza del fatto che tali violazioni sono accadute dopo aver propagandato e poi attuato (o attuato in contemporanea) il programma eutanasico denominato Aktion T4.
La classe dirigente tedesca dell’epoca avrebbe sottoscritto in pieno le parole che abbiamo letto poc’anzi: “È crudele e barbaro esigere che una persona venga mantenuta in vita contro il suo volere e che le si rifiuti l’auspicata liberazione, quando la sua vita ha perduto qualsiasi bellezza, significato, avvenire. La sofferenza inutile è un male che dovrebbe essere eliminato nelle società civilizzate”.
Chi stabilisce il criterio di bellezza? Chi stabilisce quale significato la vita deve avere? Chi stabilisce quando la sofferenza è utile o inutile?
Come vedi, i rischi che si corrono sono enormi.
L’invito che ti facciamo è quello di far conoscere alle persone i terribili rischi e le vergognose nefandezze che suicidio assistito ed eutanasia finiscono con l’introdurre.
Dobbiamo sforzarci di vedere in prospettiva e non guardare soltanto al nostro orticello.
L’Occidente è sprofondato in una delle crisi più spaventose che la storia ricordi. Noi siamo chiamati a raddoppiare gli sforzi, per fronteggiare questa ondata di morte che sembra soffocarci.
Noi siamo convinti che se combattiamo duramente, riusciremo a vincere questa terribile battaglia, grazie all’aiuto di Dio.
Ad ogni modo, siamo chiamati a non arrenderci ed noi non abbiamo alcuna intenzione di sprecare altro tempo.
Per questo ti chiediamo di unirti a noi e firmare ora la petizione indirizzata al Ministro Orazio Schillaci per chiedergli di promuovere alternative compassionevoli e rispettose per affrontare le sfide legate al fine vita.