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Fine vita: anche la Lombardia cede alla cultura della morte!
Il primo caso di suicidio assistito in Lombardia segna una svolta inquietante per il nostro Paese.
Una donna di 50 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre tre decenni, ha ricevuto dal Servizio Sanitario Nazionale il farmaco letale e la strumentazione necessaria per porre fine alla propria vita. Dopo nove mesi di attesa, ha potuto procedere con l'auto-somministrazione nella propria abitazione.
Questo evento rappresenta il sesto caso in Italia e dimostra come il nostro Paese stia lentamente scivolando lungo una china pericolosa, in cui la vita viene sempre più vista come un bene disponibile, sacrificabile di fronte alla sofferenza e alla malattia.
Il suicidio assistito, presentato come una scelta di libertà, è in realtà una resa della società di fronte alla fragilità umana, un segnale di fallimento nell'offrire cure adeguate, sostegno e dignità a chi soffre.
È inaccettabile che si stia percorrendo questa strada senza un vero dibattito pubblico e senza una presa di coscienza collettiva sulle conseguenze di una simile deriva.
Il rischio è che il suicidio assistito, da eccezione, diventi normalità, facendo passare il messaggio che la vita dei malati e delle persone non autosufficienti sia meno degna di essere vissuta.
Anche la recente decisione della Regione Toscana di regolamentare il suicidio assistito con una legge regionale, la prima in Italia, conferma una tendenza inquietante: invece di rafforzare le cure palliative, il supporto psicologico e l'assistenza ai malati, si procede nella direzione opposta, legittimando la morte come soluzione.
Occorre fermarsi e riflettere. La risposta alla sofferenza non può e non deve essere la morte!
Una società civile deve farsi carico dei più deboli con amore, solidarietà e rispetto, non spingerli verso una scelta irreversibile.
La vita è un dono inestimabile e ogni persona, anche nella malattia e nella fragilità, merita di essere accompagnata con dignità e speranza, non abbandonata a una soluzione estrema che nasconde il volto dell’indifferenza.