La Chiesa non arretra: i vescovi campani contro la deriva della morte di Stato
Di fronte al ritorno insistente del suicidio assistito nel dibattito politico e culturale, sentiamo il dovere di prendere posizione con chiarezza, senza ambiguità e senza paura.
Perché qui non è in gioco un dettaglio tecnico o una questione di coscienza privata: è in gioco il valore stesso della vita umana, soprattutto quando è fragile, sofferente, dipendente dagli altri.
Per questo accogliamo con profonda soddisfazione e gratitudine la presa di posizione netta dei vescovi della Campania, che hanno scelto di parlare con parole forti e coraggiose, proprio mentre cresce la pressione per trasformare la morte in una “soluzione” legalmente garantita.
La loro nota pastorale “Custodire ogni vita, accompagnare ogni sofferenza” non è un intervento occasionale, ma un vero e proprio atto di responsabilità morale, culturale e civile.
I vescovi campani ribadiscono ciò che oggi molti tentano di annacquare: il “no” della Chiesa all’eutanasia e al suicidio assistito è un no che nasce da un sì più grande, un sì pieno e convinto alla cura, all’accompagnamento, alla dignità inviolabile di ogni persona.
Nessuna legge – lo dicono senza giri di parole – può legittimare atti che sopprimono intenzionalmente una vita umana innocente.
Chiamarla “compassione” non la rende meno ingiusta, né meno pericolosa per l’intero tessuto sociale.
Colpisce, e deve far riflettere, il richiamo forte al nodo culturale: una società che normalizza la morte procurata indebolisce i più fragili, trasforma l’eccezione in regola e scivola rapidamente verso una mentalità dello scarto.
E mentre si discute di scorciatoie letali, si continua a ignorare la vera risposta umana ed etica alla sofferenza: le cure palliative, che in Campania – denunciano i vescovi – raggiungono appena una minima parte di chi ne avrebbe diritto.
È proprio dentro questo scenario che sentiamo ancora più urgente alzare la voce come cittadini, come credenti, come difensori della vita.
Per questo, in coerenza con quanto affermato dai vescovi campani, ti invitiamo a compiere un gesto concreto: se non l’hai ancora fatto, firma subito la petizione “Fermiamo la cultura della morte! Difendiamo la Vita!”, promossa da Generazione Voglio Vivere.
È un modo semplice ma potente per dire che la vita non si tocca, non si elimina, non si archivia.
E perché una firma, da sola, non basta se non diventa testimonianza viva, ti chiediamo anche di sostenere, con una generosa offerta, la nostra grande campagna di sensibilizzazione online.
Considera che, se doni 50 €, ci consenti di raggiungere ben 10.000 utenti online. Con 25 €, possiamo contattarne 5.000. Ma, se per te queste cifre fossero eccessive, bastano 10 € per permetterci di raggiungerne comunque 1.000.
È attraverso l’informazione, la condivisione e il coraggio di esporsi che possiamo contrastare davvero la narrazione tossica che presenta la morte come atto di civiltà.
Le parole dei vescovi parlano anche alla politica, soprattutto a chi si dichiara cattolico: non si può proclamare la difesa della vita e poi votare leggi che rendono la morte una prestazione sanitaria.
La vita – lo ricordano con forza – non è un affare privato, ma un bene primario che fonda ogni altro diritto e riguarda l’intera comunità.
Presentare il suicidio assistito come “male minore” è un inganno pericoloso che apre la strada a derive sempre più radicali.
Questa nota pastorale è un segno di speranza, ma anche una chiamata alla responsabilità. Non possiamo restare spettatori mentre si tenta di cambiare il volto umano della nostra società.
Oggi più che mai dobbiamo scegliere da che parte stare: dalla parte della cura o dalla parte dell’abbandono, dalla parte della vita o dalla parte della morte.
Difendere la vita oggi non è un’opzione: è una responsabilità collettiva!