
La Consulta parla chiaro: “dovere di morire”? NO, diritto a vivere con dignità!
Nel pieno di un dibattito acceso e drammaticamente attuale, la Corte costituzionale italiana ha tracciato una linea netta: la risposta alla sofferenza non può e non deve essere la morte.
Il suicidio assistito non è un diritto universale! La vita delle persone fragili va protetta, non abbandonata.
La sentenza: un argine contro la deriva dell’abbandono
Con la sentenza n. 66 depositata il 20 maggio 2025, la Consulta torna sul delicato tema del suicidio assistito, riaffermando che l’articolo 580 del Codice penale (che punisce l’istigazione o l’aiuto al suicidio) non è incostituzionale, proprio perché tutela il valore della vita umana, soprattutto di chi è più debole, fragile, solo.
La Corte ribadisce i quattro requisiti essenziali per l’accesso alla non punibilità dell’aiuto al suicidio:
- Patologia irreversibile,
- Sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili,
- Piena capacità decisionale del paziente,
- Dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, intesi come interventi la cui omissione porterebbe alla morte in breve tempo.
Ma la vera novità, e la parte più potente del pronunciamento, sta nella sua profonda difesa del “favor vitae” e nel richiamo accorato alla solidarietà come fondamento della convivenza civile.
La Corte avverte: in un contesto sociale segnato dalla crisi del welfare e dalla solitudine degli anziani e dei malati, il cosiddetto “diritto di morire” rischia di trasformarsi in un “dovere di morire”, per chi si sente un peso per gli altri.
Il grido della fragilità: non lasciateci soli
La sentenza è anche un potente richiamo morale al legislatore e al Servizio sanitario nazionale.
Non basta garantire un iter burocratico alla morte: è dovere dello Stato garantire sostegno continuo, cure domiciliari, reti familiari e sociali attive.
L’assenza di queste condizioni rende ogni decisione sulla morte viziata, condizionata, imposta dalle circostanze.
«Una persona malata deve poter avvertire la solidarietà attorno a sé non a tratti, non a prolungate intermittenze, ma in via continuativa, attraverso un percorso di effettiva presa in carico da parte del sistema sanitario e sociale».
A testimoniare la posta in gioco non sono solo i princìpi, ma anche le voci di chi vive in prima persona questa battaglia. Davanti alla Corte, per la prima volta, quattro pazienti malati (Dario Mongiano, Maria Letizia Russo, Lorenzo Moscon e P.G.F.) sono intervenuti direttamente nel processo costituzionale.
E hanno lanciato un messaggio fortissimo: non vogliamo morire, vogliamo essere aiutati a vivere dignitosamente!
Cure palliative: la vera alternativa, oggi ancora negata
È inaccettabile che, nel 2025, in Italia l’accesso alle cure palliative sia ancora disomogeneo, inadeguato, frammentato.
Ospedali senza personale formato, liste d’attesa infinite, territori scoperti: questa è la vera emergenza.
Come ha denunciato la stessa Corte: «Non è garantito un accesso universale ed equo alle cure palliative nei vari contesti sanitari. (…) La presenza o meno di queste forme di assistenza può costituire lo spartiacque tra la scelta di vita e la richiesta di morte».
Lo ha ricordato con forza anche il Comitato Nazionale per la Bioetica: l’accesso tempestivo e continuativo alle cure palliative è oggi una necessità non più rinviabile, e deve essere una priorità politica e sanitaria.
La Corte lo ha ribadito senza ambiguità: è necessario un “adeguato sviluppo delle reti di cure palliative” e una presa in carico effettiva da parte del sistema sanitario e sociosanitario, perché solo così si evita il ricorso improprio al suicidio assistito.
Un appello alla politica: ora è il tempo della responsabilità
La Corte è stata esplicita: legiferare è un dovere, ma senza cedere alla tentazione di “soluzioni facili”. L’unico “diritto” su cui costruire una legge degna è quello alla cura, alla dignità, alla vicinanza.
Non possiamo più permettere che la morte diventi l’unica risposta possibile per chi soffre. È il momento di agire!
Per questo, se non l’hai ancora fatto, ti invitiamo a firmare subito la petizione "Fermiamo la cultura della morte! Difendiamo la Vita!", promossa da Generazione Voglio Vivere, per bloccare ogni iniziativa eutanasica in corso nel nostro Paese e impedire che il dolore venga affrontato con la morte anziché con la cura.
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Perché una società che sceglie la morte quando può offrire cura, non è più una società giusta. Difendiamo la vita, adesso!