Lo stupro di Palermo ha un’origine chiara
Sembra che stiano finalmente iniziando ad aprire gli occhi.
Ci riferiamo ai tragici fatti di Palermo, dove una ragazza diciannovenne è stata vittima di uno stupro di gruppo andato in scena nella notte tra il 6 e il 7 luglio scorso.
Ma aprire gli occhi su cosa, ti domanderai.
Sugli effetti devastanti che può avere la pornografia sulla mente umana, tema sul quale ci eravamo soffermati di recente, e a cui proprio oggi il Corriere della Sera dedica uno spazio nelle proprie pagine.
«La violenza di Palermo e la cultura dello stupro: la pornografia mainstream ha un ruolo?», si intitola l’articolo firmato da Alice Scaglioni.
Limitare l’accesso dei minori ai contenuti pornografici può contribuire ad eliminare la cosiddetta “cultura” dello stupro?
Questo interrogativo fa da cornice all’intero articolo, segno che anche i più liberali qualche domanda se la stiano iniziando a porre.
La medesima questione è stata sollevata qualche giorno fa, dal palco del meeting di Rimini, anche dalla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, la quale ha affermato che oltre alle misure giudiziarie, per fronteggiare avvenimenti tragici come quello accaduto a Palermo, è necessario intervenire sul piano educativo e sulla fruizione del porno per i minorenni.
Ma cosa si intende per cultura dello stupro?
Va precisato che la genesi di questo termine rimonta alla letteratura femminista, per cui risulta essere molto orientato.
Per cultura dello stupro si allude alla normalizzazione o banalizzazione della violenza degli uomini nei confronti delle donne, ritenute esseri inferiori.
Dal nostro punto di vista, invece, la cultura dello stupro è figlia dell’eliminazione o banalizzazione di ogni normale forma di pudore legata alla sessualità umana.
La cultura dello stupro è figlia del pansessualismo presente nella società
a partire della Rivoluzione sessuale del ’68, e del freudismo, ossia di quel pensiero secondo il quale tutto il comportamento umano è originato e motivato dalla sessualità.
Negli Appunti pubblicati da Joseph Ratzinger nel 2019, si legge:
«Tra le libertà che la Rivoluzione del 1968 voleva conquistare c’era anche la completa libertà sessuale, che non tollerava più alcuna norma.
La propensione alla violenza che caratterizzò quegli anni è strettamente legata a questo collasso spirituale.
In effetti negli aerei non fu più consentita la proiezione di film a sfondo sessuale, giacché nella piccola comunità di passeggeri scoppiava la violenza.
Poiché anche gli eccessi nel vestire provocavano aggressività, i presidi cercarono di introdurre un abbigliamento scolastico che potesse consentire un clima di studio».
Verità, tuttavia, troppo difficile da ammettere per le orecchie del nostro tempo.
Anche se va detto che non mancano voci che contribuiscono a far aprire gli occhi.
Nell’articolo del Corriere, ad esempio, la criminologa Elena Martellozzo sostiene che da una ricerca che ha condotto assieme a dei colleghi, è uscito fuori che il 70% dei ragazzi che fa uso di pornografia percepisce le donne come “oggetti”, contro il 30% di chi non è esposto a simili contenuti.
Secondo la criminologa, la tendenza a replicare i comportamenti esposti in ciò che si osserva, soprattutto se innestati in un ambiente criminogeno, porta a ritenere la pornografia come “concausa” di questo desiderio carnale violento.
Parole che finalmente suonano come un toccasana e che aiutano a mostrare le criticità di questo vero e proprio fenomeno di massa.
E tu cosa pensi a riguardo?
Ricorda che spetta a noi avere il coraggio di dire queste cose, perché se nessuno si prende la responsabilità, la briga di affermare chiaramente tutto ciò, sarà possibile inasprire tutte le pene che si desiderano inasprire, ma il problema nel fondo non sarà risolto e ci scoppierà nelle mani (ahinoi) periodicamente.
Ecco perché bisogna agire e non lamentarsi semplicemente.
Aiutaci a farlo in maniera sempre più efficace e a diffondere questi messaggi.
Vedrai che questa società, con l’aiuto del Cielo, la rivolteremo sino in fondo.