
Un affronto alla vita: in Polonia nasce la prima clinica abortiva davanti al Parlamento
"Qualunque sia la tua situazione, ti aiuteremo ad abortire."
Con queste parole, fredde e prive di umanità, si apre il sito dell’"Aborcyjny Dream Team", un gruppo di attiviste che celebra l’aborto come una conquista, anziché riconoscerlo per ciò che realmente è: la soppressione di una vita innocente.
L’8 marzo 2025, nel cuore della Polonia, proprio davanti al Parlamento, è stata inaugurata la prima clinica abortiva del Paese.
Un simbolo di sfida, un manifesto di disprezzo verso la vita, un affronto alla dignità umana posto cinicamente sotto gli occhi di chi dovrebbe tutelare i più deboli. Non un luogo di cura, non un rifugio per la vita, ma un posto in cui la maternità viene spezzata e la speranza viene cancellata.
In una nazione che ha sempre difeso il diritto dei più indifesi, si assiste ora a una nuova forma di oppressione: quella contro chi non ha voce, chi non può difendersi, chi viene eliminato prima ancora di poter vedere la luce.
L’aborto, presentato come un "diritto", diventa un atto di violenza silenziosa, un trauma che segna nel profondo chi lo subisce, sia la madre che il bambino mai nato.
Si parla di "scelte", ma dov’è la scelta per chi non può parlare? Si parla di "diritti", ma dov’è il diritto alla vita? Si parla di "progresso", ma può una società davvero dirsi progredita quando consente che il grembo materno, il luogo più sacro e protetto, diventi una tomba?
Questa clinica è stata collocata davanti al Parlamento non per caso, ma come una provocazione, un chiaro tentativo di legittimare l’aborto come qualcosa di accettabile, normale, addirittura celebrato.
Ma dietro le parole rassicuranti e i toni accattivanti si nasconde una verità scomoda: la normalizzazione di un atto irreversibile, il rifiuto di alternative che possano davvero aiutare le donne in difficoltà.
Perché non si investe su supporto alle madri? Perché non si offrono aiuti concreti per chi porta avanti una gravidanza in situazioni difficili?
Oggi più che mai è necessario alzare la voce per difendere la vita! È necessario contrastare questa deriva culturale che trasforma la tragedia in "progresso", la sofferenza in "scelta consapevole".
La dignità della donna non si difende negandole la bellezza della maternità.