Un’orribile forma di violenza: 1 donna su 2 subisce pressioni gravi per indurla ad abortire

Un’orribile forma di violenza: 1 donna su 2 subisce pressioni gravi per indurla ad abortire

Nessuna donna dovrebbe sentirsi obbligata ad abortire il figlio, che custodisce nel proprio grembo.

Invece, specie nel caso di una gravidanza imprevista o non pianificata, spesso questo avviene. È lasciata sola a decidere di questa vita appena sbocciata.

Ma tutt’intorno il partner, la famiglia, talvolta il datore di lavoro ed il contesto sociale in cui vive esercitano su di lei pressioni fortissime, affinché abortisca.

In queste condizioni non si può parlare di una scelta “libera”. Sarebbe ipocrita farlo. La donna è anzi vittima di una vera e propria forma di violenza, psicologica e talora anche fisica, insostenibile.

Non credere che ciò avvenga solo in casi eccezionali. Tutt’altro. Una recente indagine, condotta dall’istituto di sondaggi IMAS, dimostra anzi quanto questo sia un fenomeno frequente.

In Austria addirittura il 50% delle donne con una gravidanza imprevista o non pianificata è oggetto di tali pressioni. Una ogni due.

E non v’è purtroppo ragione per ritenere che la situazione sia diversa altrove. Noi dobbiamo dar loro voce, fare in modo che non si sentano più sole in momenti tanto delicati.

Oggi abbiamo almeno due strumenti, validi ed efficaci, per essere al loro fianco. Il primo consiste nel riconoscere la capacità giuridica del concepito, che a quel punto diverrebbe titolare di diritti.

Abortirlo non sarebbe più automatico. Per riuscirvi è sufficiente modificare il primo articolo del Codice Civile italiano.

Proprio per chiedere questo Generazione Voglio Vivere ha promosso la petizione «Sì al riconoscimento giuridico del concepito!». Sottoscrivila subito, se non lo hai ancora fatto!

Ma non basta. Occorre anche rafforzare la nostra vasta campagna di sensibilizzazione tramite i social, che rappresentano il mezzo più veloce ed efficace.

Molti non sanno delle violenti pressioni che patiscono le donne, per indurle ad abortire. Si tratta di una sofferenza atroce, di un dolore gravissimo, caricato interamente sulle loro spalle.

Dobbiamo far sapere, denunciare pubblicamente quel che avviene. Aiutaci a farlo! Quest’operazione ha però un costo, di cui da soli non riusciamo a farcene carico.

Siamo certi che molti, sapendo quel che accade, saranno pronti a condividere con noi la battaglia per la Vita ed a schierarsi con le donne, affinché non patiscano più queste orribili pressioni!

Non a caso lo scorso 9 maggio decine di donne, che ne sono state vittime, hanno inscenato davanti al Parlamento di Vienna un flash mob al grido di «Più onestà!».

In quella sede hanno avanzato richieste più che legittime. Ad esempio, che le pressioni per indurle ad abortire vengano considerate una forma di violenza strutturale contro le donne.

E poi hanno chiesto servizi di consulenza accessibili, che non le demonizzino, ma che le aiutino a sostenere le gravidanze non pianificate e ad accogliere la vita, non a distruggerla.

Vogliono che l’aborto non venga offerto subito loro come “la” soluzione e pertanto erogato in modo immediato e senza esitazioni.

Perché la scelta sia realmente “libera”, occorre che venga riconosciuto un congruo periodo di riflessione obbligatorio.

Questa sorta di “fase di raffreddamento” è utile per realizzare con calma quanto accaduto e per affrontarlo, il più possibile, in modo razionale.

Ma chiedono anche sostegno psicosociale e terapeutico per quante – ahimè! - abbiano ceduto alle pressioni ed abbiano abortito: devono essere aiutate ad affrontarne le conseguenze.

L’aborto non lascia solo cicatrici fisiche, provoca anche ferite profonde nella coscienza, nell’anima.

Chi lo ha provato, sa che è un dramma! Fa vivere nel rimorso, pentite del gesto compiuto. Tornare indietro è impossibile, non resta che vivere un dolore atroce nel silenzio e nella solitudine.

Anche la scienza medica considera ormai la sindrome post-abortiva alla stregua di una vera e propria patologia.

Può insorgere anche tardivamente, anni dopo. Ma prima o poi i nodi vengono sempre al pettine, in tutta la loro virulenza.

E provocano un quadro psicologico decisamente problematico e complesso, compatibile col disturbo post-traumatico da stress.

Tutto questo è terribile. Bisogna dire “basta”! Ma, per farlo, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Sottoscrivi subito la petizione promossa da Generazione Voglio Vivere.

E sostieni, con la tua miglior offerta, la vasta campagna di sensibilizzazione, che intendiamo incrementare per denunciare questo dramma.

La Vita va rispettata, protetta, amata! Non estirpata…

 

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