
Dal Regno Unito al Cile: dilaga l’aborto libero. E' questa la nuova civiltà?
Nel mondo si diffonde sempre più la falsa convinzione che estendere senza limiti l’accesso all’aborto sia un segno di civiltà e progresso.
Ma quale civiltà si costruisce eliminando il più fragile, il più indifeso, il più innocente? Parlare di “diritto all’aborto” senza porsi il problema del diritto alla vita significa svuotare di senso i nostri valori fondanti.
Regno Unito: l’aborto oltre ogni limite
Nel Regno Unito, dove l’aborto è legale da decenni fino alla 24ª settimana con l’approvazione di due medici, si è arrivati ora a una svolta pericolosa: un emendamento recentemente approvato dalla Camera dei Comuni punta a depenalizzare totalmente l’aborto oltre questo limite, rendendolo potenzialmente incondizionato anche in fase avanzata.
Il caso estremo di Carla Foster, condannata per aver interrotto la gravidanza a circa otto mesi, ha acceso il dibattito: un bambino a quel punto è pienamente formato, in grado di sopravvivere fuori dall’utero.
Eppure, la pressione politica e culturale ha portato non solo alla riduzione della pena, ma all’idea assurda che anche questi casi vadano “liberalizzati”.
Durante la pandemia, il governo britannico ha persino introdotto la possibilità di ricevere le pillole abortive per posta, permettendo alle donne di interrompere la gravidanza a casa, in solitudine, senza il minimo supporto medico diretto.
Cile: aborto come scorciatoia, non come soluzione
Nel Cile, il governo di Gabriel Boric propone una legge per consentire l’aborto libero fino alla 14ª settimana.
Un passo definito “storico” da chi lo sostiene, ma che ignora i profondi problemi del Paese: un’opinione pubblica polarizzata, un sistema sanitario fragile e una cultura che ancora punisce le donne anziché proteggerle nella maternità.
Ogni anno si stimano fino a 170.000 aborti clandestini, spesso tramite il farmaco misoprostolo, acquistato illegalmente con gravi rischi per la salute.
Eppure la risposta proposta è semplicemente “rendere legale l’aborto”, senza offrire reali alternative di sostegno, educazione e prevenzione.
Italia: una legge disattesa e territori spaccati
La legge 194/78 è nata per depenalizzare l’aborto entro precisi limiti, non per banalizzarlo. La sua applicazione, però, è oggi profondamente disomogenea.
L’Emilia-Romagna, ad esempio, ha visto un calo dei medici obiettori al 38%, e oggi ben il 73% degli aborti avviene con la pillola RU486, che può essere assunta anche a casa grazie a una delibera regionale del 2024. Ma la situazione cambia radicalmente altrove.
Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, in Italia il 63% dei ginecologi è obiettore di coscienza, ma in alcune regioni la percentuale è ben più alta:
- Molise (92,9%)
- Basilicata (85,2%)
- Sicilia (83,1%)
- Campania (81,7%)
- Puglia (81,1%)
- Abruzzo (78,3%)
Una realtà che dimostra come la coscienza medica non sia stata spenta, nonostante le pressioni ideologiche. I medici italiani, in larghissima parte, non vogliono essere complici dell’aborto.
Caserta: una buona notizia che fa riflettere
Emblematico è il caso di Caserta, dove l’unico ginecologo non obiettore dell’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano è andato in pensione, rendendo di fatto impossibile praticare aborti in quella struttura.
Mentre i sindacati denunciano uno “scandalo”, noi vediamo qui un segnale positivo: non un arretramento dei diritti, ma una testimonianza silenziosa e concreta che la vita non è negoziabile.
Più dell’80% dei ginecologi della provincia è obiettore: ciò dimostra che esiste un’Italia che non si arrende alla cultura dello scarto, che crede nella medicina come alleata della vita, non della morte.
Non è un’opinione, è un dovere: scegliere la vita!
Non possiamo tacere: una società che facilita l’aborto è una società che ha smesso di credere nella maternità, nella solidarietà, nella speranza. Ma un’altra via è possibile.
L’Italia ha visto crollare il numero di aborti da 234.000 nel 1983 a circa 66.000 nel 2020. Un successo attribuito alla prevenzione, all’educazione, alla cultura della vita.
È su questo fronte che occorre investire!
Per questo, se non l’hai ancora fatto, ti invitiamo a firmare subito la petizione “Fermiamo l’aborto chimico!”, promossa da Generazione Voglio Vivere, per chiedere con forza lo stop all’uso disinvolto e disumanizzante della RU486, specie nelle modalità domiciliari.
Unisciti a chi crede che la vera civiltà cominci dal rispetto per la vita!
Ma non basta! È fondamentale potenziare la nostra grande campagna di sensibilizzazione su Facebook, per scuotere le coscienze e allertare il maggior numero possibile di persone riguardo a questa pericolosa deriva.
Tuttavia, un’iniziativa di questo tipo comporta dei costi che, da soli, non siamo in grado di affrontare. Per questo, abbiamo URGENTE bisogno del tuo aiuto!
Restare in silenzio significa essere complici: è il momento di agire, e farlo subito!
In un mondo che uccide in silenzio, alzare la voce per la vita è il più alto atto di coraggio. Non voltarti: difendi chi non può difendersi.